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Home / Approfondimenti / Cos’è una criptovaluta, come funziona e perché usarla
Soprattutto negli ultimi anni sentiamo parlare sempre più spesso e in differenti ambiti di criptovaluta, dato che l’interesse intorno a questo tema è in continua crescita e fermento.
Prima di addentrarci nell’argomento e scoprire le potenzialità della criptomoneta, può risultare utile capire meglio che cosa intendiamo con questo termine.
La moneta “virtuale”, o meglio “criptovaluta”, viene utilizzata come una moneta alternativa a quella tradizionale emessa da un’Autorità monetaria. Questa ha come scopo principale lo scambio di informazioni digitali attraverso un processo reso possibile da alcuni principi di crittografia. È proprio la crittografia a essere utilizzata al fine di proteggere le transazioni, garantire la confidenzialità dei pagamenti e controllare la creazione di nuova moneta.
L’art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. dello Stato Italiano denominato “Trattamento fiscale applicabile alle società che svolgono attività di servizi relativi a monete virtuali” afferma che:
“La circolazione dei Bitcoin, quale mezzo di pagamento si fonda sull’accettazione volontaria da parte degli operatori del mercato che, sulla base della fiducia, la ricevono come corrispettivo nello scambio di beni e servizi, riconoscendone, quindi, il valore di scambio indipendentemente da un obbligo di legge. Si tratta, pertanto, di sistema di pagamento decentralizzato, che utilizza una rete di soggetti paritari (peer to peer) non soggetto ad alcuna disciplina regolamentare specifica né ad un’Autorità centrale che ne governa la stabilità nella circolazione.”
Questa criptomoneta è infatti una forma di denaro creata specificamente per sfruttare l’architettura di Internet. Invece di basarsi su un istituto finanziario standard per garantire e verificare le transazioni, sono gli utenti stessi collegati alla rete che controllano e confermano le transazioni relative alle criptovalute.
I computer che verificano queste transazioni di solito ricevono una piccola quantità di moneta come ricompensa (tale processo viene definito “data mining”) ed è il sistema principale tramite il quale la nuova moneta viene prodotta.
Il Bitcoin (BTC) è stata una delle prime criptovalute ad essere stata creata nel 2009 da uno sviluppatore anonimo, conosciuto sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto.
Al giorno d’oggi sono diffuse circa un centinaio di criptovalute: tra le più note figurano il Namecoin (NMC) nato nell’aprile 2011, il Peercoin (PPC) creato nel 2012 e il Litecoin (Ł) del 2013 mentre ora sono il Monero (XMR) e l’Ethereum (ETH), entrambe del 2014, ad essere le più promettenti.
Vediamo ora nel dettaglio quali sono gli aspetti che differenziano queste criptomonete da quelle tradizionali.
In primo luogo, la criptomoneta non ha una natura fisica essendo creata, memorizzata e utilizzata su dispositivi elettronici (come smartphone e pc) che consentono di conservarla nei “wallet”, cioè i “portafogli elettronici”. È inoltre liberamente accessibile e trasferibile dal titolare, in possesso delle necessarie credenziali, in qualsiasi momento, senza bisogno dell’intervento di terzi.
In secondo luogo, le monete virtuali sono il prodotto di codici crittografici e di complessi calcoli algoritmici tramite il processo di “mining”, letteralmente “estrazione”. I soggetti che creano e sviluppano questi algoritmi sono detti invece “miner”.
Le criptovalute sono utilizzate come equivalenti digitali del denaro contante ed è possibile utilizzarle per acquistare beni e servizi da una selezione sempre più diversificata di rivenditori e anche da individui privati.
Risulta molto interessante il caso relativo a uno dei più importanti paesi Baltici, l’Estonia, che si prepara a un nuovo passo in avanti nelle tecnologie digitali che l’hanno resa famosa in tutto il mondo: il lancio degli “Estcoin”. Ebbene sì, si tratta di una criptomoneta pubblica che servirebbe a raccogliere fondi per avviare progetti innovativi, condivisi tra pubblico e privati.
Se il governo di Tallin pensa a come lanciare la nuova moneta digitale, secondo il Wall Street Journal, la Cina avrebbe invece deciso di bloccare le piattaforme locali di criptovaluta. Secondo alcuni esperti, la Cina considera le valute digitali un elemento di disturbo che potrebbero minare l’equilibrio economico nazionale. Nel 2016 sono state molte le persone che hanno acquistato Bitcoin e venduto Yuan, la valuta della Repubblica popolare cinese, preoccupate del fatto che il valore della valuta nazionale potesse precipitare.
Così come si legge in un articolo di Pierangelo Soldavini del 15 settembre 2017 su Il Sole 24 Ore:
“La Cina stringe i freni sul Bitcoin. In seguito al monito delle autorità finanziarie, BTC China, una delle maggiori piattaforme di Exchange per criptovalute, ha annunciato che a fine settembre sospenderà l’operatività sul trading per i clienti residenti in Cina. Il blocco degli scambi su Bitcoin per i cinesi era stato paventato dopo che Pechino era intervenuta bloccando le Ico, le offerte iniziali di valute usate per finanziare servizi e società del cripto-mondo proliferate negli ultimi mesi in assenza di regole e controlli.”
“La Cina stringe i freni sul Bitcoin. In seguito al monito delle autorità finanziarie, BTC China, una delle maggiori piattaforme di Exchange per criptovalute, ha annunciato che a fine settembre sospenderà l’operatività sul trading per i clienti residenti in Cina.
Il blocco degli scambi su Bitcoin per i cinesi era stato paventato dopo che Pechino era intervenuta bloccando le Ico, le offerte iniziali di valute usate per finanziare servizi e società del cripto-mondo proliferate negli ultimi mesi in assenza di regole e controlli.”
Alcuni organi di stampa locali hanno segnalato che le autorità finanziarie hanno dato istruzioni a livello verbale alle piattaforme per la sospensione degli scambi.
La Banca centrale non è intervenuta ufficialmente ma ha lasciato filtrare in più occasioni la sua preoccupazione per un mercato che si è sviluppato al di fuori del quadro regolamentare e che mette a rischio l’ordine economico e finanziario.
Portiamo anche un esempio davvero interessante di utilizzo di criptovaluta a scopo puramente di marketing e fidelizzazione della clientela che ci permette di capire la flessibilità di questa moneta.
L’esempio viene dalla nota catena di fast food statunitense Burger King, il primo grande marchio aziendale ad aver emesso la propria cripto-moneta, i “Whoppercoin”. Fin ora sono stati emessi 1 miliardo di Whoppercoin che i clienti di Burger King Russia ottengono per ogni rublo speso e che vengono tenuti al sicuro in un portafoglio virtuale (si tratta però di un’iniziativa limitata, per ora, soltanto al mercato russo).
1700 Whoppercoin danno diritto a un hamburger, e in questo non ci sono molte differenze rispetto ad un classico programma di fidelizzazione basato sulla raccolta punti, ma gli utenti possono anche commerciare e trasferire online le monete, così come è possibile fare con una qualsiasi altra criptovaluta.
Sono molteplici e diverse le opinioni riguardo alle criptomonete.
C’è chi le ritiene un sistema caratterizzato da elevati standard di sicurezza grazie a processi basati sulla crittografia, altri sottolineano le capacità degli hacker nell’avere accesso ai portafogli virtuali e il fatto che favorisce lo sviluppo di traffici illegali. La mancanza di un ente centrale inoltre rende impossibile bloccare, sequestrare o svalutare tale moneta.
Essendo questa virtuale non vi è modo di gestire la quantità in circolazione e, a differenza delle monete tradizionali, non è possibile creare inflazione perché, ad esempio, nel caso dei Bitcoin, la quantità che circola sul mercato è fissa e pari a 21 milioni di pezzi. Al momento inoltre manca una vera e propria regolamentazione del settore che si appresta a divenire sempre più necessaria.
Al di là di tali questioni aperte, se fino a poco tempo fa investire nelle criptovalute era possibile solo nel “profondo di Internet”, cioè in darknet, la parte oscura, spesso illegale e poco raccomandabile del Web, ad oggi sono diverse le aziende che nel mondo e in Italia hanno scelto di investire nella criptovaluta.
Queste forniscono ad esempio bancomat on-line dove ritirare o versare Bitcoin, tra queste nel nostro Bel Paese vi è la Robocoin Italia e la Inbitcoin, negli USA ad esempio la Coin ATM Radar, Kraken e Bitboat mentre Bitstamp in UK.
Alcuni Paesi, tra i quali Stati Uniti, Canada, Francia, Regno Unito e Australia, hanno realizzato studi e riflessioni multidisciplinari sul tema delle criptomonete.
Si è sottolineato l’utilità e la portata innovativa ma anche la necessità di tenere sotto controllo i possibili mezzi con cui malintenzionati possono aggirare le normative, nazionali e internazionali, al fine di impedire il riciclaggio e arginare i pericoli del terrorismo.
Soltanto da tali premesse si potrà poi partire per sviluppare l’inquadramento giuridico e fiscale di questa nuova forma di pagamento e investimento.
In un momento storico come quello attuale in cui il costo del denaro, la tempistica e complessità delle procedure associate ai movimenti pecuniari sono spesso poco sostenibili dall’utilizzatore, dobbiamo considerare la possibilità che in un futuro, anche non molto lontano, le monete comunemente intese possano scomparire.
Queste potranno diventare uno strumento obsoleto o inadatto a rivestire ancora il ruolo di fonte propulsiva dello sviluppo economico.
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